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Gli oggetti netti sull'ombra

 

Ricordiamo anche l'interessante vicenda narrata da Adelbert von Chamisso nel romanzo Storia straordinaria di Peter Schlemihl (Londra, 1827), illustrata da Georg Cruikshank, Adolf Schroeder e Adolf Menzel, nel quale il protagonista vende la propria ombra al diavolo, poi se ne pente e cerca di riaverla indietro tra varie vicissitudini. Ovviamente, qui vendere la propria ombra equivale a perdere la propria identità, come passare dall'essere qualcuno all'essere nessuno (dall'essere al nulla, dall'esistenza alla non-esistenza).

 

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Si tratta, in fin dei conti, dello stesso ragionamento che, qualche tempo dopo, avrebbe condotto Wendy, nel Peter Pan di J. M. Barrie, (1902) a conferire realtà al ragazzino cucendogli l'ombra su un piede.

 

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Il Diogene di Goya, invece, parte alla ricerca impossibile dell'uomo brandendo una lanterna in pieno giorno: si china in ogni direzione nella speranza di incontrarlo, ma non riesce a trovare che il nero riflesso di se medesimo. Nel pessimismo dell'iscrizione con cui Goya accompagna il suo disegno (no lo encontraras, tu non lo troverai), piange un'epoca intera.

 

Più tardi, dalla lettura di questi appunti di Duchamp scritti nel 1913: "Dopo la sposa (...) Fare un quadro di ombre portate (...) L'esecuzione del quadro mediante fonti di luce e disegno delle ombre. Su quei piani seguendo semplicemente i veri contorni proiettati. Tutto ciò da completare e collegare soprattutto col soggetto.Proiezioni isometriche: vedi libro... Ombre portate formate dagli schizzi di fango provenienti dal basso che, come certi giochi d'acqua catturano delle forme nella loro trasparenza".

Man Ray aveva già fatto un simile discorso in alcune sue opere, per esempio nella fotografia intitolata La femme. Nella descrizione dell'opera fatta dallo stesso artista, Man Ray sottolineava che in quel caso L'ombra aveva la stessa importanza dell'oggetto concreto.

 

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Medardo Rosso (torino 1858 – Milano 1928) si forma nell’ambiente milanese tardo scapigliato, dal quale apprende le novità linguistiche per poi superarle in dimensione quasi espressionista. Si oppone esplicitamente ad una scultura intesa come blocco di materia o statua, ossia ad un’opera chiusa in se stessa e poggiante con tutto il suo peso sull’asse di gravità. Lo scultore indaga inoltre il concetto di ombra, così scrive Medardo Rosso: “L’ombra del resto è anch’essa, per la nostra emozione artistica – la quale nasce da ciò che vediamo – una realtà come il corpo”. Come nell’impressionismo pittorico, non è restituito un oggetto in base alla conoscenza che se ne ha a priori, ma l’immagine modellata dall’artista restituisce l’impressione del momento, attraverso un’articolata scansione dei piani per ombre, che contribuisce al dissolvimento dei volumi. nell'immagine: Medardo Rosso, Bookmaker, 1894.

 

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Alcuni decenni dopo Christian Boltanski (nato nel 1944) scrive:"Metto molte cose in rapporto con le ombre. Considero l'ombra una fotografia primitiva. Una volta avevo fatto una mostra al Centre Pompudou con delle fotografie giganti. La mostra avrebbe dovuto spostarsi in seguito a Bonn e a Zurigo e il trasporto delle pesanti cornici fu particolarmente difficile e disagevole. Avevo voglia di lavorare con cose più leggere. Mi sono reso conto che avrei potuto ottenere una grande ombra solo proiettando una minuscola marionetta. Potevo finalmente viaggiare con poco bagaglio e lavorare con immagini immateriali. L'ombra è un inganno: è solo una minuscola figurina di cartone, ma può sembrare grande come un leone." (Inventar, Hamburg 1991)

 

Lo stesso De Chirico ha ripetutamente espresso la propria predilezione per le ombre geometriche e precise, intendendo con ciò sia le ombre portate degli immensi colonnati degli edifici classicheggianti che formano la scenografia della maggior parte dei suoi dipinti del periodo 1910-1919, sia le grandi ombre umane che li popolano.