Non mi stupisce, devo ammetterlo, il passaggio, che a prima vista può sembrare incoerente, della nostra artista dal concettuale al figurativo, o meglio, quasi all’iper-figurativo. Già in passato Frontini ci aveva comunicato questa sua esigenza, parlo, per esempio, dei lavori eseguiti per l’esposizione A3 uscita ovest: Agnese ti amo sempre (ottobre 2006).
Qui, in accordo con altri due artisti, Frontini aveva proposto lavori raffiguranti gli arcani maggiori dei tarocchi, utilizzando campiture piatte, quasi grafiche, coloratissime, eseguite in acrilico su supporto ligneo.
Ora, dopo la lunga parentesi concettuale, che comunque anche ora, a tratti, non viene del tutto abbandonata, durante la quale la nostra artista preferiva vestire i suoi lavori quasi esclusivamente di bianco o nero, torna prepotente il colore, che diviene riscoperta pop di realtà diverse e mutevoli.
Anche il rapporto con la tecnica cambia: se durante tutta la sua produzione concettuale i supporti erano i più diversi, ed il colore era scelto secondo la convenniance del lavoro, ora la Frontini ricomincia dall’olio su tela, con il quale, velatura dopo velatura, dipinge la realtà così com’è e non più come sentita ed immaginata, o meglio, come manifestazione dei segni quotidiani che la realtà lasciava sul suo essere profondo.
Frutta, palloncini colorati, ma anche la cupola antonelliana o ancora la Sacra Bibbia sono solo alcuni tra i soggetti privilegiati della pittrice, che li tratteggia con un linguaggio tecnico validissimo. Le pennellate continue, figurative, tutte volte alla ricerca della verosimiglianza, lasciano intravedere la ricerca instancabile per la riconquista della forma.
Ma è la scelta dell’impaginazione del raffigurato che infonde un forte impatto visivo ed emotivo sull’osservatore. Forse inconsciamente tornando ai suoi studi di scenografa teatrale e di fotografa, ora Frontini dipinge microcosmi pulsanti ed enigmistici, una realtà a volte destabilizzante, un ordine forzato che porta verso pensieri profondi dell’inconscio, preferendo un approccio inquieto frutto di una precisa regia che presiede all’esecuzione di un lavoro, che principia, ancora una volta, da una foto iniziale, che continua nel disegno preparatorio, per finire, lentamente, nella stesura delle velature per ritrovare i volumi del soggetto fotografato.
Possiamo definire Frontini un’artista pirandelliana, che gioca con la luce come momento rivelatore di un palcoscenico magico che porta alla ribalta del dipinto un gioco delle parti ambiguo, una sorta di visualità silenziosa, in cui il messaggio didascalico sottointeso pare avvertire “così è, se vi pare”.
G. M. VENTURI
- Opera n.1: IL libro d'artista, 40x40 cm, olio su tela, 2015
- Opera n.2: Un leggero Barbapapà novarese, 40x60 cm, olio su tela, 2015
- Opera n.3: IL limone, 50x50 cm, olio su tela, 2016
- Opera n.4: Aqua, 50x40, olio su tela, 2016
- Opera n.5: "DUPLO", 40x40, olio su tela, 2016
- Opera n.6: IL Girasole, 40x40, olio su tela, 2016
- Opera n.7: Rosa, ae, 40x40, olio su tela, 2016
- Opera n.8: L'insostenibile levità dell'essere (cioè i palloncini!), 80x80, olio su tela, 2016
- Opera n.9: Il Ciclamino, 40x40, olio su tela, 2016
- Opera n.10: L'Iris, 40x40, olio su tela, 2016
- Opera n.11: L'Angelo, 80x80, olio su tela, 2017