Articoli / Critica dell'arte
12. Massimiliano Fabris: EX POP
Molto ha influito Expo 2015 nella preparazione dell’evento proposto da Massimiliano Fabris per la serata del 28 dicembre prossimo, tanto da darne il titolo. Expo è stato sicuramente un fenomeno collettivo al quale ben pochi si sono sottratti, le diverse posizioni, infatti, positive o negative che fossero, altro non hanno fatto che confermare l’importanza dell’avvenimento, la ricaduta culturale che ha avuto sul nostro Paese. A prescindere da tanti dati e numeri, per Massimiliano, da vero artista new pop qual è, Expo è stato sicuramente almeno un grande, coloratissimo luna park del XXI secolo, un viaggio nell’Uomo, in compagnia delle divinità degli Arcangeli che, immergendo ogni essere umano in una temporalità mitica al di fuori della linearità della Storia, lo strappa a se stesso, rendendolo universale, al di là del tempo e dello spazio. Puro colore, pura luce.
Cosa dobbiamo aspettarci questa volta dal nostro artista?
Un heppening new pop, un capodanno viennese proposto a Prato, che affonda le proprie radici nell’esperienza di scenografo di Fabris, che per molti anni si è occupato dell’organizzazione del carnevale del paese. Gli happening sono una forma d’arte contemporanea che nasce attorno al 1960 e si focalizza non tanto sull’oggetto, ma sull’evento che si riesce ad organizzare: una forma di teatro in cui i diversi elementi, compresa l’azione scenica, sono montati deliberatamente insieme.
In particolare, avremo un incipit importante: “C’è un tempo per ricominciare”: la frase è stata tratta dal titolo di una poesia di un’amica dell’artista, scritta pochi giorni prima della sua morte. Accanto, un autoritratto del nostro pittore, accanto alla sua Mamma, perché, lui stesso afferma “in fondo tutto è cominciato da lì”.
E poi, musica, assolutamente musica, con un’orchestra di circa trenta elementi, l’Ex novo Ensamble, che proporrà durante la serata musiche diverse, dalla Radetzky March, alla Barcarolle di Offenbach, suonata ne “La vita è bella” di Benigni, e lo straordinario Brindisi della Traviata. Denominatore comune di questi pezzi? La presenza dei violini, tanti violini, che, secondo la leggenda, è strumento del Demonio. Tutto ciò ci rimanda a Niccolò Paganini, il più grande violinista dell’800, la cui figura è da sempre ammantata di un alone di mistero. E non a caso, una delle grandi tele proposte in mostra raffigura proprio Lucifero.
È la musica, che, da sempre, fin dai suoi primi esordi, accompagna i lavori del nostro artista: quando lui stesso descrive le sue opere, infatti, non manca mai di precisare la colonna sonora che ne ha accompagnato la stesura.
Si tratta quindi di tele vive, danzanti, che si pongono come metafora dell’esistenza, con una genialità tutta contemporanea ed un’inquietudine nuova, spiritualmente alquanto più complessa della ritmica gioiosa delle musiche in programma.
La scenografia è poi composta dalla presentazione di grandi tele raffiguranti gli Arcangeli, sette, più Lucifero: per ottenere i loro volti è stato fatto un mosaico di 28 foto di amici dell’artista tratte da Facebook, e qui mi piace davvero sottolineare con quanta naturalezza Fabris utilizza questo nuovo mezzo massmediologico, con quanta spontaneità lo eleva a dignità artistica.
In mostra poi un’interessantissima immagine della Madonna, assolutamente contemporanea. Fabris infatti decide di dipingere due ragazze, quasi un selfie di due amiche, freschissimo ed immediato: impossibile discernere quale tra le due sia la Vergine, sappiamo che Ella è presente dalla raffigurazione delle 12 stelle: il numero 12 è infatti tradizionalmente assegnato alla Corona, simbolo di vittoria, della Madonna.
La parte sacrale dell’esposizione è poi conclusa dalla figura del Cristo, ancora realizzato con campiture sfumate, non più utilizzate dall’artista nei lavori recenti, dove, come modello, ritorna il Cristo di Romagnano Sesia, la cui Passione è fatta rivivere da ben tre secoli dagli abitanti del paese.
Completano il quadro le grandi tele raffiguranti sei divi contemporanei, da Madonna a J. Lopez.
Un accenno particolare meritano i lampadari, che Fabris ha realizzato utilizzando il suo laif motiv che lo contraddistingue dagli esordi, ovvero l’utilizzo dei cd, che nelle sue mani diventano specchi vivi multicolori, una Murano rivisitata che nelle mani del nostro artista crea atmosfere elegiache, irreali, che concorre a realizzare immagini che appaiono come visioni oniriche, salde per un istante e subito sfuggevoli, infatti la location della palestra del Comune verrà totalmente reinventata dal nostro artista per far posto alla materializzazione di un sogno, fatto nel 2003 dal Fabris, in cui egli esce in frac con due amici.
Oramai la cifra del nostro artista è più che riconoscibile, la ricerca cromatica e la campitura hanno raggiunto i risultati di una particolarissima ricerca grafica, quindi portata ad accentuare gli aspetti immediati della realtà, tuttavia, esprimendosi da pittore, li ha immersi nella luce e nelle forme di una classicità che è tale non solo figurativamente, ma anche nell’idea, nel genio che la suggerisce.
Il luogo cambierà, diverrà luogo altro, diverrà teatro, ed, in particolare, le ali degli angeli proseguiranno oltre le tele, a ricordare quel potente graffitismo che già fu di Keith Haring: la gamma cromatica è ridotta all’essenziale, le linee divengono rapide e sintetiche, lo spazio è grintoso e possiede la capacità di sottrarre un’apparizione fugace al suo naturale rapido scorrere.
Perché dove si alza un sipario, sempre s’accende una magia.