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Articoli / Critica dell'arte

11. Massimiliano Fabris

Nel titolo della mostra di Massimiliano Fabris, "Prato e... Massimiliano Fabris" emerge una parte importante della poetica del nostro artista, che dimostra di essere sinceramente legato al suo territorio, alle tradizioni, al suo vissuto, soggetti che spesso compaiono nelle sue tele: il paese , nel momento della sfilata del carnevale, oppure le vigne ed i campi. Nei paesaggi soprattutto emerge il Fabris figurativo, ma è anche un figurativo che direi romantico, grazie al senso naturale che il nostro artista ha per la prospettiva, che definirei quasi "solida", rubando il termine al mondo del teatro, perché l'effetto delle linee si compone con quello del rilievo plastico, fino ad ottenere spazi profondi, che prendono per mano l'osservatore portandolo verso l'infinito.

I soggetti di Fabris sono i più diversi. I ritratti di amici e famigliari, per esempio, sono energici ed intensi: seppure da autodidatta, il nostro artista è riuscito a raggiungere un'ottima capacità d'indagine e sintesi dei volumi anatomici.
Fabris raffigura poi animali, sempre in pose fiere o giocose, la città spagnola di San Sebastian, con i suoi abitanti ed i suoi ambienti, e non disdegna, a volte, di strizzare l'occhio alla religione con un vigoroso arcangelo Michele armato contro il mondo, o alla politica, con un possente Che Guevara che appare dalle spire di un enorme sottobicchiere.

Un elemento importante per Fabris è la musica, che ascolta in continuazione mentre dipinge. Che tipo di musica? Tutta, assolutamente tutta, dal rock alla disco, dai cantautori italiani alle band europee.
Questo mi fa ricordare Kandinsky, quando la sua pittura diviene sempre più una sorta di composizione musicale, una sinfonia di colori, come ebbe a definirla in più occasioni: "Già molto presto mi resi conto dell'inaudita forza d'espressione del colore. Invidiavo i musicisti i quali possono fare arte senza il bisogno di raccontare qualcosa di realistico. Il colore, però, mi pareva altrettanto realistico del suono". Richiamano ancora il pittore russo le spirali che Fabris traccia sulla tela, cercando continuamente emozione nel colore, nel gesto, nel segno: le sue mani guidano i pennelli, a loro volta accompagnate dal calore del suo cuore appassionato.
Non è casuale, inoltre, a mio avviso, la scelta di questa struttura formale: la spirale di per sè è un simbolo di vita che continua, avanti e indietro, espressione di energia e di viaggio interiore.

Nell'insieme questa è una pittura sentita direttamente, coltivata con sincerità e con forza, la sua validità sta nel fatto di saper dare una genuina documentazione interpretativa di una precisa realtà circostante locale.

Denominatore comune di tutta la produzione di Fabris è però l'indiscussa appartenenza alla corrente New Pop, anche per le tecniche esecutive da lui utilizzate: le più varie, con una preferenza al polimaterico. Fabris ama inserire veri e propri pezzi di realtà oggettiva nei suoi lavori (bella la figura tutta giocata sui CD, che diventano stoffa, soli, e modellano la tela tramite la luce che agisce sulle superfici). Un mix di vintage che si ispira alla moda anni '60 e '70 quando le fantasie floreali e geometriche in colori sgargianti spopolavano nelle gallerie d'arte... e allora via libera a quadri con immagini psichedeliche: dipingere in stile new pop dopo circa 50 anni dalla nascita di questa corrente artistica significa avere un caleidoscopio alla mano e vedere il mondo a colori. Fabris parte alla scoperta dell'arcobaleno non disdegnando nessuna tonalità, tutto è colore e tutte le tinte vengono aggregate in modo ludico e divertente: una rivoluzione contro un modo un po' troppo rigido di vivere l'arte contemporanea e le sue tendenze figurative, una libertà di scelta ed un modus vivendi che si realizza e si conforma al gusto di chi vive la propria vita.
C'è una vera gioia, infatti, per Fabris, nello stendere il colore, un vero piacere nel giocarci, e così il colore canta: perché si incanta da sé, si avvolge, si avvince e si pone su di un palcoscenico di musica per una danza di luce e ritmo, forte come un rito pagano, quotidiano come una preghiera di fede.

Le sue composizioni si possono considerare un filtro di riflessione sulla realtà vissuta, sociale ed autobiografica. Quello che emerge nell'osservare le opere di Fabris è un senso di magia e di mistero, alla ricerca di un senso a noi famigliare: quadri dominati dal pathos, dove il nostro artista riesce a dialogare con la parte irrazionale del nostro animo e, con felice fervore inventivo, raggiunge sempre lo spirito dell'osservatore.

 

Presentazione per la mostra Prato e..., 2011, Sala Consiliare del Municipio di Prato Sesia

  

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