Articoli / Critica dell'arte
32. Federica Zaffaroni
I lavori di Federica, per la scelta e gli accostamenti espressivi delle varie immagini, ci trasmettono una rappresentazione suggestiva, ma inquietante, della realtà: si tratta di una giovane artista che ha la fortuna di poter costruire da zero un linguaggio personalissimo, pur non estraniandosi dal panorama storico che ha approfonditamente studiato.
Le sue fotografie hanno una potente valenza evocativa ed esternano le emozioni di un’interiorità ricca di potenzialità espressive. La nostra artista trasponde esteticamente le proprie esperienze, che si definiscono attraverso un ideale percorso dove lo scatto fotografico diviene scoperta di realtà diverse e mutevoli.
La scelta del bianco nero, del mosso, dello sfocato trasmettono un senso di movimento, quasi vigesse una stratificazione sottile, avviata a nuove ricerche e ulteriori continuità d’espressione che potranno dare sempre più interessanti esiti: questo percorso è stato volutamente, fortemente evidenziato da un tratto continuo che idealmente unisce tutte le foto in mostra.
“Dinamismo”, infatti, è il nome di una delle sensazioni che affiora rivolgendo lo sguardo alle foto di Federica, come tele di ricordo futurista, dove si sente il bisogno di confondere e scorporare la realtà, enfatizzando alcune parti dell’opera per dar modo di creare differenti linee di forza e rompere così un assetto spaziale centrico e razionale. Nella stessa immagine si danno contemporaneamente non già più aspetti, ma più verità, e nessuna è più vera dell’altra: è dunque l’indefinibile, il misterioso, lo sfuggente, l’inafferrabile, che deforma e scompone l’oggetto della visione, per poi ricostruirlo secondo la sua autentica ed intrinseca struttura.
La semplice parola “osservazione” considerando il lavoro di Federica, assume significati dall’ambito semantico il più possibile ampliato: osservare non è semplicemente riprodurre passivamente la realtà, come a volte capita col lavoro fotografico, bensì in una certa misura, ricrearla. Anche la prospettiva è personale: ogni oggetto, ogni edificio, ogni personaggio diviene protagonista delle sue foto: tutti emergono alla pari e il nostro sguardo circola dall’uno all’altro attivamente. Federica diviene quindi un’artista “pirandelliana”, che porta alla ribalta dei suoi lavori un giuoco delle parti ambiguo, le ombre e le luci portano l’osservatore in una condizione al di fuori dal tempo, di distacco oggettivo del conoscibile.
Vorrei poi pensare un momento al titolo: “Spazi di solitudine” ma qui si tratta di spazi deputati, di luoghi in cui Federica raduna segni, suoni ed echi, notazioni memoriali e proiezioni metaforiche. Questi luoghi sono le città, o comunque posti che hanno visto l’intervento dell’uomo: manifesti pubblicitari, insegne luminose, grandi Avenue, sono già questi per Federica un primo grado di amarezza: in tali luoghi ormai dispersi i sentimenti a volte diventano un peso, nel tessuto drammatico ed amorfo della società.
Recensione per la personale di Federica Zaffaroni, Castello di Galliate (NO), novembre 2016
33. Clarice Zdanski
E' probabile che la storia degli artisti sia un continuo succedersi di aspirazioni, e Clarice Zdanski usa le sue basandosi sull'ordine, la simmetria, l'armonia e l'equilibrio. E' anatomicamente bella e perfetta la sua donna che nasconde il viso, opera che diventa un viaggio nella memoria che, immergendo questa figura femminile in una temporalità mitica al di fuori della linearità della storia, lo strappa a se stessa, rendendola universale, al di là del tempo e dello spazio. Enigmatica figura, quasi senza età, che diviene strumento d'espressione di una poetica tesa a far comunicare valori e sentimenti, idee, emozioni ed esperienza. L'artista, in un solo gesto, riesce a comunicare il coraggio e la paura attraverso questa figura che, giunta dal reale quotidiano, entra nel silenzio di un tempo e resta prigioniera di un mondo di fronte a cui si fermano gli sguardi, persi e silenziosi, che celano lo sgomento di questa umanità. La Zdanski, con studiata e sapiente precisione pittorica, sa calcolare il peso della luce nelle varie pennellate, ed è il colore stesso, robusto e materico, che diventa segno.
Presentazione per la mostra Isolina e le altre..., edizione di Roma, Galleria Montoro, 2009